L’Investigatore privato nei casi di infedeltà coniugale e il diritto alla privacy

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L’Investigatore privato nei casi di infedeltà coniugale e il diritto alla privacy

ANCRIM Associazione Nazionale Criminologi e Criminalisti
Pubblicato da ANCRIM Settore Comunicazione in Professione · Venerdì 05 Apr 2024
Tags: investigatoreprivatoinfedeltàprivacy
Autore: dr.ssa Giorgia TREZZI

Nel corso della vita coniugale è possibile che si verifichino dei momenti di crisi generati da incomprensioni, rancori, delusioni o gelosia che mettono in pericolo la serenità del rapporto di coppia. In taluni casi, infatti, è possibile che subentri il desiderio di evadere segretamente da un legame divenuto vincolante e che ostacola la propria felicità.
L’investigatore privato, in questi casi, rappresenta la scelta migliore, in quanto, in sede giudiziaria, le prove “casalinghe” non sarebbero prese in considerazione dal Giudice in Tribunale. L’agenzia di investigazione, infatti, è autorizzata dalla prefettura a svolgere attività di pedinamento, accostamento e produzione di prove fotografiche, video e circostanziali.
Nello specifico, in fase di pedinamento o sorveglianza, gli strumenti più utilizzati sono le videocamere, le fotocamere, gli smartphone, i teleobiettivi e il localizzatore GPS: i primi implicano un contatto poco distante con il soggetto da immortalare, mentre i localizzatori sono molto affidabili ed evitano l’esposizione diretta dell’esperto.
La necessità di raccogliere prove di rilevanza giuridica deriva dal fatto che il rapporto tra marito e moglie è regolato dalla legge e l’adulterio integra una violazione, a differenza del rapporto tra fidanzati o conviventi.
“La Suprema Corte di Cassazione con la Sentenza n.11516/2014 ha affermato che è lecito raccogliere prove per mezzo dell’investigatore privato nel caso di specie al fine di provare l’adulterio coniugale ed addebitare la separazione al coniuge infedele. Viene così confermata la validità probatoria del rapporto investigativo, seppur fondato su informazioni raccolte in assenza di garanzia di contraddittorio”. [1]
Il materiale probatorio raccolto dall’investigatore è considerato una “prova atipica” in quanto raccolta da terzi e potrebbe essere determinante, unitamente alle altre evidenze, per emettere giudizio di colpevolezza per il coniuge infedele. L’investigatore deve, altresì, essere imparziale durante l’indagine, analizzando con dettaglio e senza pregiudizio tutte le informazioni ottenute, oltre che porre gli interrogativi adeguati anche rispetto alle situazioni emotivamente più delicate.
Il tradimento alimenta i sensi di colpa, la depressione e il senso di diffidenza verso l’altro, perciò l’esperto deve generare fiducia, mostrare empatia e comprensione dei punti di vista e delle motivazioni di chi ha davanti per giungere a corrette conclusioni. Le testimonianze devono essere reali e inequivocabili, raccolte operando con professionalità, discrezione, riservatezza, perseveranza e riflessività.
Ogni strumento utilizzato correttamente e nella giusta circostanza può permettere all’investigatore di acquisire delle prove importanti ai fini dell’indagine: la raccolta effettuata utilizzando una metodologia difettosa può far perdere agli elementi validità giudiziale e addirittura incorrere nella violazione della privacy.
A tal proposito, gli investigatori privati sono tenuti ad agire solo nel rispetto di precise garanzie che tutelino la riservatezza delle persone, non solo in sede giudiziaria, ma anche in ambito privato.
Lo scopo della legge è tutelare i suoi cittadini garantendo loro i migliori accorgimenti e sistemi di prevenzione dei comportamenti illegittimi e delle forme di discriminazione.
I dati personali rivelano aspetti delicati circa il singolo, pertanto, ognuno ha il diritto di essere tutelato contro le interferenze nella vita privata, nella famiglia, nella propria abitazione o verso la personalità morale. Il diritto alla privacy è regolato dal Regolamento (UE) 201/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio, fa riferimento al diritto alla protezione dei dati personali, ovvero al diritto di possedere il controllo sulle proprie specifiche. Il Garante per la protezione dei dati personali è un’autorità che opera in maniera indipendente ed è una figura istituita dalla legge sulla privacy del 31 dicembre 1996, n.675.
Qualora la riservatezza di cui sopra venisse meno, la parte offesa può decidere di procedere con una denuncia presso il Tribunale Civile al fine di ottenere un risarcimento del danno in termini di denaro oppure rivolgersi all’Autorità Giudiziaria per avviare un processo Penale. La scelta, chiaramente, dipende dal tipo di violazione avvenuta.
Un soggetto, infatti, è perseguibile se tratta i dati personali senza il consenso dell’interessato, utilizza i dati raccolti per indagini statistiche in maniera impropria, non rispetta i provvedimenti o dichiara il falso al Garante. Le conseguenze di una violazione potrebbero essere di tipo economico, ovvero il risarcimento del danno morale e materiale in aggiunta all’applicazione di sanzioni penali e amministrative; oppure morali, come danni alla reputazione di un’azienda o alla persona singola.
Il regolamento europeo, integrato dal Codice Privacy, garantisce l’applicazione di sanzioni effettive e proporzionali al danno. Lo scopo di queste sanzioni è rieducativo e non punitivo; infatti, saranno proporzionate al patrimonio dell’impresa o del privato.
Come detto precedentemente, ognuno ha il diritto di scegliere se condividere o meno le proprie informazioni personali, anche se, nell’odierna società informatica, diventa difficile rimanere nell’ombra. Infatti, l’investigatore privato, durante lo svolgimento delle proprie mansioni, è fondamentale che tuteli i dati raccolti, i file e i documenti attraverso sistemi informatici sicuri che blocchino eventuali abusi o furti di informazioni.
Il materiale viene successivamente organizzato in maniera ottimale a supportare la difesa e consegnato all’avvocato del proprio assistito, sia in copia cartacea che elettronica.
L’esperto può comunicare quanto concerne l’attività di investigazione solo al collaboratore e al diretto interessato, preoccupandosi però, di eliminare tutto il materiale conservato nella banca dati al termine del lavoro, seguendo le modalità di archiviazione indicate dall’Art.10 del GDPR.

Riproduzione riservata

[1] Milano Investigazioni, 2020, art. “Validità delle prove fornite dall’investigatore privato in caso di infedeltà coniugale”.



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